venerdì 19 luglio 2019

Presentazione

Avrei voluto nominare questo spazio Hotel Silence , come il romanzo di Audur Ava Olafsdottir, perché, dopo averlo terminato, mi ha lasciato sospeso, come se una risposta fosse in attesa. Cosa c'entra alla fine il #silenzio con questa storia? Mi sarei aspettato più silenzio, invero. Eppure proprio da qui si muove il mio pensiero. Siamo ormai abituati ad una vita dicotomica, giocata sul concetto di presenza/assenza nel quale si sublima la nostra paura del giudizio altrui. Non riusciamo a soffermarci sul dubbio che una assenza possa non essere una mancanza, perché relativizzata ad una smania di socialità che ci assenta sempre più da noi stessi. Riempiamo ogni spazio, reale, mentale o virtuale, per un postmoderno horror vacui autoinflitto. Ciò di cui ci si riempie è fittizio e richiede dunque una continua ricerca di imbottiture, per sopperire ai colpi che vengono da fuori. Come diceva T. S. Eliot Siamo gli uomini vuoti/ Siamo gli uomini impagliati/ Che appoggiano l'un l'altro/ La testa piena di paglia. Ahimè!